“Misuriamo l'intangibile”. Orchestrare innovazione attraverso il linguaggio
Testo a cura di DialogicaLab
La frase più pericolosa in assoluto è “Abbiamo sempre fatto così”
Grace Murray Hopper
Finora abbiamo descritto la “magia” del linguaggio nel plasmare la realtà intangibile, quella che non vediamo né percepiamo, ed il suo valore inestimabile nel generare effetti del tutto tangibili e concreti. Pensiamo a realtà quali energia nucleare, aerei, mercato capitalistico: tutte cose che non esistevano “veramente”, prima che l'essere umano le creasse usando il linguaggio. In maniera simile possiamo dunque conoscere, analizzare e misurare sostenibilità, produttività, coesione, wellbeing come realtà generate dal linguaggio, che possono essere più o meno condivise, a seconda del modo in cui scegliamo di usarlo.
L’essere umano ha a disposizione molteplici modi per usare il linguaggio. E attenzione, non è solo una questione di parole: possiamo usare gli stessi termini per generare realtà totalmente diverse.
Nel nostro ultimo articolo abbiamo iniziato ad addentrarci nel mondo della Dialogica, la scienza che ha categorizzato i diversi modi di usare il linguaggio per generare realtà di senso, ciascuno con un certo grado di condivisione nella comunità.
Ora, immaginiamo di assistere ad un’assemblea pubblica di un percorso per un bilancio sociale partecipato, che vede il coinvolgimento della comunità. L’amministrazione comunale potrebbe chiedere: “Quali proposte fareste per incrementare la sicurezza del vostro quartiere?”. L’obiettivo è quello di includere i cittadini, promuovendone un ruolo attivo e responsabile.
Il primo, Andrea, risponderà: “Diverse persone dicono che potrebbe essere utile mettere alcuni lampioni in via Roma, in modo che le famiglie la sera possano girare in ambienti illuminati, sentendosi più tranquille e rendendo il posto più sicuro con la loro presenza”. Questo testo offre una possibilità di gestione del problema a partire da alcuni discorsi emersi all'interno della comunità. Secondo la Dialogica, esso segue una particolare proprietà del linguaggio (che d’ora in poi chiameremo “regola d’uso”), definita Descrizione, secondo cui si offrono elementi legati tra loro in modo condivisibile, i quali generano una realtà “comprensibile” e aperta ai contributi delle altre voci. Quali sono le implicazioni tangibili e concrete di questo modo di usare il linguaggio? Il testo del nostro Andrea, cittadino che potremmo etichettare come “disponibile”, offre in modo attivo e partecipativo un contributo impiegabile dall’amministrazione in modo concreto e attualizzabile nel costruire soluzioni alle criticità rintracciate.
Proviamo adesso a cambiare regola d’uso del linguaggio. Un’altra cittadina, Alessandra, definibile come “assertiva”, dirà in assemblea: “Bisogna mettere i lampioni, specialmente in via Roma”. Qui il testo usa meno parole, meno contenuti rispetto al primo, pur mantenendone alcuni in comune (“mettere i lampioni”, “via Roma”). Ma riposizioniamoci sul livello del linguaggio, e non della lingua: questo testo serve a dare la soluzione alle criticità, senza offrire però i criteri per sostenerla. Segue un’altra regola d’uso del linguaggio, quella della Prescrizione: la realtà si genera a partire da ordini, disposizioni impartite dalla voce che le offre, a cominciare da ciò che generalmente “si deve” o “non si deve” fare. Si sanciscono regole, ruoli, obiettivi cui attenersi, senza però avere a disposizione criteri espliciti che permettano di capire e condividere l’ordine impartito. Viene infatti da chiedersi perché più lampioni e non più forze dell’ordine; o ancora, per quanto assurdo, perché non trasferirsi tutti in un altro quartiere. Come mai si escludono alcune possibilità, dando spazio solo ad una di queste? E allora, anche qui, emergono gli effetti tangibili che derivano dall’uso di questa regola del linguaggio: non esplicitando i criteri alla base di ciò che “si deve/non si deve fare”, il testo di Alessandra non considera dunque alternative a ciò che è stato sancito come “da fare” e, di conseguenza, altre proposte potrebbero essere difficili da costruire ed accogliere.
In questo caso, da un lato c’è un’apertura alla possibilità di porre domande che facciano esplicitare proprio il criterio che il testo non riporta (potremmo infatti chiedere ad Alessandra: “Cosa ti fa dire che sia necessario mettere i lampioni?” allo scopo di continuare a generare testo, e quindi realtà, in grado di cambiare l’assetto del quartiere); dall’altro lato, se si interagisse con il testo di Alessandra con un “No, è meglio aumentare le forze dell’ordine!”, allora la realtà che verrebbe a crearsi prenderebbe la forma di uno scontro tra due posizioni fisse e inamovibili, che potrebbero diventare vere e proprie “fazioni”.
Immaginiamo ora un ultimo cittadino, Giorgio, anch'egli desideroso di dire la sua all’assemblea: “Non si può girare per strada la sera. Quelli del Comune devono per forza intervenire”. Potremmo dire che è “polemico”, e il problema della polemica è che ci si lamenta di ciò che gli altri fanno (o non fanno) senza però costruire soluzioni per gestire la criticità. Ma focalizziamoci piuttosto sul testo: questo non offre possibilità né intese, serve a sancire un problema in modo generico, a tal punto che potrebbe essere valido anche in altri contesti e per altri obiettivi. La regola d’uso del linguaggio qui usata è quella della Generalizzazione: il testo c’entra con i contenuti della domanda posta a monte, ma utilizza argomentazioni trasversali ai contesti, che non rispondono con precisione a quanto richiesto, anzi, seguono altri obiettivi, non condivisi. Quali ripercussioni tangibili possono generarsi da questa modalità?
Il testo di Giorgio, seguendo criteri personali ed impliciti di osservazione della realtà, potrebbe non contemplare realtà diverse da quella che ha stabilito, non considerando valide posizioni diverse dalla sua. In questo senso, il contributo di Giorgio diventerebbe un ostacolo rispetto ad un obiettivo di co-costruzione di strategie condivise, in quanto richiede uno sforzo di gestione da parte degli altri partecipanti per poter procedere verso l’obiettivo comune.
Ma allora è questione di essere disponibili, assertivi o polemici, o del modo che scegliamo di usare per generare la realtà in cui siamo immersi?

Foto di Lumticsphotograph su Unsplash
Gli esempi sopra mostrano il valore del testo, l'importanza del linguaggio, a prescindere dalle caratteristiche delle persone e dei loro comportamenti: esso è uno strumento che, permettendoci di interagire, genera la realtà in cui ci immergiamo e ci consente di cambiarla, al di là della tematica, del contenuto che usiamo.
Osservare il modo con cui si usa il linguaggio ci permette di evitare di cadere in etichette e stereotipi, che non aiutano a perseguire obiettivi di cambiamento ed innovazione
Infatti, i testi dei nostri tre cittadini descrivono come ogni regola d’uso del linguaggio abbia un impatto diverso e peculiare nel dare origine ad una determinata realtà, a prescindere dal contesto in cui l’interazione avviene (organizzativo, comunitario, scolastico, etc), orientandola verso una cristallizzazione, come nel caso del testo di Giorgio (“Il problema c’è e qualcuno deve intervenire”), oppure verso la generazione di nuovi discorsi e nuove possibilità di leggere il problema e trovare soluzioni, come nel caso del testo di Andrea. Ci sono poi regole ibride, come quella del testo di Alessandra, che possono essere orientate ad aprire nuove opportunità o a mantenere quelle attuali, a seconda di come si interagisce con esse.
In questi 3 gradi di generazione di nuove realtà, che definiremo generativo (testo di Andrea), di mantenimento (testo di Giorgio) e ibrido (testo di Alessandra), la Dialogica ha categorizzato 24 diverse modalità d’uso del linguaggio: i Repertori Discorsivi, ognuno dei quali con un suo valore in termini di potenzialità nel generare realtà nuove e diverse, chiamato Peso Dialogico. Essi sono ordinati nella Tavola Semi-radiale dei Repertori Discorsivi proprio a seconda del loro Peso, ovvero del grado con cui ognuno contribuisce insieme agli altri a generare realtà “stabili” o, viceversa, realtà maggiormente “modificabili”. Descrizione, Prescrizione e Generalizzazione sono alcuni esempi di Repertori Discorsivi.
Ora, immaginate i Repertori Discorsivi come note musicali: formalizzate in un numero finito, poi categorizzate all'interno di un pentagramma, ognuna di queste genera un suono diverso dalle altre e melodie diverse quando suonata insieme alle altre note. Possiamo dire che ogni nota ha un valore acustico diverso dalle altre nella sua modalità di generare il suono. Ogni singolo repertorio discorsivo è una nota della realtà discorsiva; i repertori, interagendo tra loro come le note in uno spartito, generano realtà discorsive di senso, più o meno aperte al cambiamento della realtà stessa: più alto è il peso dialogico del repertorio e della realtà che questi generano interagendo tra loro, maggiore è la possibilità di inserire note nuove e diverse, così da portare lo spartito (le voci della comunità) a generare una melodia condivisa (una comunità coesa).
Il Peso Dialogico ha a che fare con il modo con cui i vari testi che produciamo interagiscono tra loro e con i testi che incontriamo quotidianamente. Portiamo un esempio: se diciamo al nostro collega “Dai, invitiamo Sonia, poverina, che altrimenti rimane sola”, stiamo sancendo la realtà (in questo caso, Sonia) usando attributi di tipo valoriale (“poverina”, “sola”) senza esplicitare alcun criterio alla base della connotazione, rendendo così la realtà meno condivisibile a coloro che ascoltano. Sonia continuerà ad essere “quella sola” e “poverina”, connotata con modalità che non consentono, né a lei né ai colleghi, di immaginarsi e immaginare il suo contributo in modo differente. Questo repertorio, chiamato Giudizio, è meno generativo di cambiamento rispetto alla Descrizione di cui facevamo l’esempio all’inizio, parlando del cittadino Andrea e del suo intervento durante l'assemblea pubblica: essi pesano in modo diverso rispetto all’apertura al cambiamento che sono in grado di determinare.

Tavola Semi-radiale dei Repertori Discorsivi
La realtà di senso si compone quindi dei discorsi in merito ad un certo tema, i quali, interagendo, si legano tra loro e la generano: osservare le regole (i repertori discorsivi) consente di guardare in filigrana come quella realtà si è costruita. Se la realtà che osserviamo è critica, o vogliamo trasformarla in qualche suo aspetto, possiamo dunque agire sull’introduzione di nuove regole (generative).
Nella proposta della Scienza Dialogica, innovare è dunque rompere la stabilità delle regole d’uso del linguaggio utilizzate per dipingere una determinata realtà, aumentando la mole dei discorsi e introducendo altre regole d’uso. Innovare è osservare che molti discorsi di una certa comunità sono, ad esempio, costruiti usando la regola del Giudizio, che non consente di condividere: pertanto, per incrementare la coesione di quella comunità sarà necessario introdurre nuove regole. Cambiando però il modo di creare la realtà - usando una Prescrizione al posto di un Giudizio, o una Proposta invece di una Previsione - possiamo cambiare, e dunque innovare, il modo di interagire con le altre voci della comunità, e con esso gli effetti tangibili che quei modi di interagire originano.
Tutti usiamo il linguaggio per generare la realtà che abitiamo: lo usiamo nelle imprese, nei servizi pubblici o privati, a casa, a scuola. Se gli effetti variano a fronte del modo di utilizzare il linguaggio, allora la responsabilità di generare cambiamento è di tutti noi, attraverso le scelte che operiamo in merito alle nostre modalità di interazione con gli altri.
Avendo a disposizione il supporto teorico che ci serve per osservare, misurare e trasformare, ora dobbiamo chiederci: quale cambiamento vogliamo generare? Che direzione vogliamo far prendere al futuro delle nostre comunità? Quale innovazione vogliamo promuovere?
DialogicaLab. "Siamo Architetti dell’interazione umana e progettisti del cambiamento. Il nostro obiettivo è rendere Enti Pubblici, organizzazioni private, cittadini più competenti nell’aumentare il proprio impatto positivo sulla comunità di riferimento e nel promuovere la sostenibilità come responsabilità condivisa. Vediamo un mondo in cui la conoscenza diffusa e rigorosa delle interazioni umane consente ai policy maker e ai cittadini di anticipare l’impatto delle proprie scelte e di progettare e gestire comunità più coese, più in salute e più sostenibili".
Impegnata dal 2006 negli ambiti della consulenza, della formazione e della ricerca per l'innovazione di Politiche Sociali e Servizi alle persone, la realtà di DialogicaLab può contare su un team di psicologi, psicoterapeuti, ricercatori per servizi di comunità, formatori ed esperti in comunicazione, costantemente attivi nello sviluppo e nell'applicazione del programma di ricerca della Scienza Dialogica.
Per approfondire:
"Misuriamo l'intangibile". Una guida all'osservazione delle interazioni umane
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