H₂O – La chimica che inquina l’acqua. Il punto sullo stato di salute delle nostre ‘riserve blu’

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Che cosa finisce quotidianamente nelle nostre acque? E con quali impatti su salute e ambiente? Ce lo siamo davvero mai chiesti?
Utilizzati per anni come discariche dove smaltire i reflui delle lavorazioni industriali, i nostri fiumi, laghi, acque marino-costiere e falde sotterranee sono stati costantemente contaminati da scarichi inquinanti. Ma oggi, alle minacce di ieri se ne aggiungono di ulteriori e non meno insidiose: dai pesticidi agli antibiotici, dalle microplastiche fino alle creme solari, molte sostanze e composti chimici di quotidiano utilizzo mettono a dura prova le nostre fondamentali “riserve blu”.
E' dunque per fare il punto sulle sostanze inquinanti immesse nei corpi idrici - con numeri, analisi e dati ben precisi – che Legambiente esce con un essenziale dossier dal titolo “H₂O – La chimica che inquina l’acqua”.
Diamo i numeri. Quarantacinque sono le sostanze prioritarie individuate dall'Ue che rappresentano un “rischio significativo per l’ambiente acquatico” e che gli Stati membri sono tenuti a monitorare; per lo più nelle nostre acque se ne individuano due famiglie, sostanze organiche e metalli pesanti, immesse tramite i processi produttivi o gli impianti di depurazione delle aree urbane.
In Italia circa il 60% dei fiumi e dei laghi non gode di buono stato di salute.
Si calcola che dal 2007 al 2017 gli impianti industriali abbiano immesso, secondo le dichiarazioni fornite dalle stesse aziende, ben 5.622 tonnellate di sostanze chimiche nei corpi idrici (dati del registro E-PRTR - European Pollutant Release and Transfer Register).
Ammontano invece a 130.000 le tonnellate annue di pesticidi usate nella filiera agricola italiana: secondo l’ISPRA, si ritrovano quantità significative in acque superficiali (67%) e sotterranee (33%), evidenziando la correlazione fra chimica nelle filiere tradizionali e impatti negativi sul sistema idrico.

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Altro rischio sanitario deriva dai contaminanti nelle attività agrozootecniche: una ricerca pubblicata nel 2018 da The Lancet, prestigiosa rivista scientifica inglese di ambito medico, rivela che in Italia avviene un terzo delle 33.000 morti annue nell’Ue da infezioni da AMR (agenti resistenti agli antimicrobici). Nel 2019 l’Agenzia Europea del Farmaco ha evidenziato un uso di antibiotici sproporzionato nei nostri allevamenti: 1.070 tonnellate all’anno, il 16% dei consumi Ue, col triste primato di area di maggiore utilizzo europeo vinto dal bacino padano.
Considerati emergenti, ma non meno impattanti, sono invece le migliaia di contaminanti (stimati in oltre 2.700, in gran parte non regolamentati) cui Legambiente dedica uno speciale capitolo all'interno del dossier: tra questi risultano fitofarmaci, farmaci a uso umano e veterinario, pesticidi di nuova generazione, additivi plastici industriali, prodotti per la cura della persona, microplastiche.

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Il dossier riporta e analizza anche 46 “storie di ordinaria follia” sullo stato dell'inquinamento delle acque del nostro Paese, casi in massima parte ancora aperti che da decenni aspettano bonifiche e riqualificazioni: dalla Sardegna, con il forte inquinamento da sostanze organiche, solventi clorurati e idrocarburi nell'area di Porto Torres, alla Sicilia, che vede le aree di Milazzo, Gela, Augusta Priolo e Melilli devastate dalle industrie del petrolchimico; dai siti toscani di Piombino, Livorno e Orbetello, a quelli pugliesi di Brindisi, Taranto e Manfredonia, dove metalli pesanti, diossine, pesticidi e idrocarburi hanno portato a gravi problemi sanitari, oltre che ambientali. E ancora, la Campania, con l’inquinamento del fiume Sarno, e la Lombardia, dove l’ARPA ha rilevato inquinamento da PFAS (composti chimici che rendono le superfici trattate impermeabili ad acqua, sporco e olio) in tutti i bacini della pianura, minacciando lo stato di salute di migliaia di cittadini.
Queste sono solo alcune delle decine di casi segnalati nel dossier, che per far ciò si avvale dell’apporto dei circoli locali e regionali di Legambiente.

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“Il raggiungimento di una buona qualità ecologica e chimica dei corpi idrici in Europa, che la Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE) aveva fissato al 2015, non è più procrastinabile. L’Italia, da questo punto di vista, è in forte ritardo”, dichiara Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente.
Diverse le cause del mancato conseguimento dei risultati, tra cui gli scarsi finanziamenti erogati, un’attuazione troppo lenta della direttiva da parte degli Stati membri e un’insufficiente integrazione degli obiettivi ambientali nelle politiche settoriali. Per mantenere dunque gli obiettivi senza nuovi slittamenti, Legambiente ricorda che la corretta gestione e la cura della risorsa idrica devono essere una priorità del nostro Paese e che “occorre inoltre intervenire sull’adeguamento e l’ampliamento dei sistemi di depurazione a servizio delle attività industriali e promuovere investimenti e interventi di innovazione tecnologica”, come sostiene Giorgio Zampetti, direttore generale dell'associazione.
Il dossier di Legambiente offre infatti una panoramica sulle possibilità che le innovazioni tecnologiche aprono in merito alla tutela degli ambienti idrici, come la tecnologia tutta italiana - frutto di una ricerca del Politecnico di Milano – dei Polymer Flakes, microparticelle polimeriche personalizzabili che, a contatto per pochi secondi con una corrente fluida, consentono di assorbire specie inquinanti presenti nell’acqua.
“La piena attuazione della Direttiva Acque, peraltro, è fondamentale per contrastare i cambiamenti climatici: serve a migliorare lo stato ecologico dei corpi idrici, restituire spazio ai fiumi, mitigare il rischio alluvioni ed evitare alterazioni dei corridoi fluviali rispettando la naturalità. Occorre che anche le aziende facciano la loro parte”, prosegue Minutolo.

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Legambiente lancia inoltre un appello al Governo, affinché una parte considerevole dei 1000 miliardi di euro stanziati dall’Ue per le politiche ambientali e climatiche finanzi il Green New Deal italiano, favorendo così il recupero dei ritardi infrastrutturali, l’adeguamento e l'efficientamento degli impianti di depurazione e della rete fognaria e acquedottistica, gli interventi di riduzione del rischio idrogeologico. Inoltre, l’associazione ambientalista rilancia alcune sue proposte: spazio all’innovazione tecnologica, riduzione drastica dell’uso di sostanze di sintesi pericolose in agricoltura e inserimento delle microplastiche tra i criteri di valutazione del buono stato delle acque interne.
Per far ciò occorre approvare i decreti attuativi della Legge 132/2016 che ha istituito il Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale (SNPA), consentendo di potenziare, uniformare e migliorare i controlli sul territorio, incidendo così sulla prevenzione dall’inquinamento. Solo qualche settimana fa, l’effetto del lockdown aveva restituito acque più limpide, purtroppo solo per via della chiusura di molte attività e non certo grazie a efficaci politiche e strategie messe in campo per ridurre gli scarichi inquinanti. Risultato? Con le riaperture l’effetto sembra essere svanito un po’ ovunque.
La Fase 3 per Legambiente deve dunque imporre una ripartenza diversa, a cominciare dalle attività industriali: “Servono un sistema di controllo e monitoraggio sempre più accurato e uniforme su tutto il territorio nazionale e un’azione di denuncia degli scarichi illegali”, conclude Zampetti. “Per questo abbiamo deciso di iniziare a raccogliere le segnalazioni sugli scarichi inquinanti da parte delle persone che continueranno ad essere sentinelle sul territorio e che ben ci raccontano le pratiche legali e illegali che tutt’oggi continuano ad avvelenare acque, persone e territori. Condotte che non sono più tollerabili, specie in settori che dovrebbero essere protagonisti di una nuova fase di transizione ecologica”.
Legambiente invita tutti i cittadini a denunciare eventuali casi d’inquinamento, scrivendo e mandando il materiale alla mail onal(@)legambiente.it dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità dell’associazione. Occorrerà indicare il luogo, la data e l’ora dell’avvistamento di chiazze, schiuma o liquami sospetti, accompagnati da foto e/o video per consentire una prima valutazione dei casi e procedere a un eventuale esposto da parte di Legambiente, che si avvarrà della rete legale dei Centri di Azione Giuridica. Sarà inoltre presto online il form per le segnalazioni “SOS Goletta” che accompagnerà le campagne estive di Goletta Verde e Goletta dei laghi.
Di certo non può essere il lockdown la misura per restituirci acque limpide, ma ora che abbiamo tutti visto come sia possibile ritornare ad avere fiumi, mari e laghi puliti, occorre puntare sulle giuste politiche e misure a livello nazionale fin da questa fase di ripartenza.

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