Il riuso sociale dei beni confiscati come modello di cambiamento e speranza. Il nuovo Report di Libera
Fonte immagine di sfondo pagina Facebook Libera

Il riuso sociale dei beni confiscati come modello di cambiamento e speranza. Il nuovo Report di Libera

In occasione dell'anniversario della legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie, Libera ha pubblicato la nuova edizione del report “Raccontiamo il Bene”. Un'occasione per fare il punto su come l’Italia ha saputo reagire alla presenza mafiosa e si è riappropriata dei propri spazi, creando un modello di cambiamento e speranza.

Oggi, sono 1.132 i soggetti della società civile impegnati nella gestione dei beni confiscati, con oltre 600 associazioni,30 scuole di ogni ordine e grado e numerosi gruppi locali che utilizzano questi beni per creare nuove opportunità e un'economia positiva. Queste realtà stanno trasformando gli spazi confiscati in luoghi di aggregazione, cultura e welfare, contribuendo a tessere un tessuto sociale più forte e resiliente.

Rispetto all'anno scorso, il numero di soggetti coinvolti è aumentato del 6,2%, con una presenza attiva in 398 comuni (contro i 383 del 2024). La Sicilia resta la regione con il maggior numero di realtà sociali che gestiscono beni confiscati (297 soggetti), seguita da Campania (186), Lombardia (159) e Calabria (147).

Libera ha mappato anche le tipologie di beni gestiti:

  • Il 56,5% degli immobili ospita attività legate a welfare e politiche sociali.
  • Il 26% è dedicato a cultura, turismo sostenibile e promozione del sapere.
  • Il 10% è utilizzato per progetti legati all’agricoltura e all’ambiente.

Inoltre, 105 soggetti gestori hanno scelto di intitolare i beni a vittime innocenti delle mafie, un numero in crescita rispetto ai 88 dello scorso anno.

 

In particolare, in Sicilia sono 297 (in aumento erano 285 nel 2024) le diverse realtà impegnate nella gestione di beni confiscati alla criminalità organizzata in 63 comuni. Una rete di esperienze in grado di fornire servizi e generare welfare, di creare nuovi modelli di economia e di sviluppo, di prendersi cura di chi fa più fatica. Dal report di Libera emerge che più della metà delle realtà sociali è costituita da associazioni di diversa tipologia (168), mentre sono 54 sono le Coop sociali e 3 i consorzi di cooperative. Tra gli altri soggetti gestori del terzo settore, ci sono 19 realtà del mondo religioso (diocesi, parrocchie e Caritas), 9 gruppi dello scautismo e infine 21 istituti scolastici di diverso ordine e grado. Nel censimento non sono compresi i beni immobili riutilizzati direttamente per finalità istituzionali dalle amministrazioni statali e locali.

Nella ricerca Libera ha ricostruito la tipologia di immobili gestiti dai soggetti gestori; in molti casi la singola esperienza di riutilizzo comprende più beni confiscati, anche di tipologia catastale diversa. Emerge così che i soggetti gestori censiti gestiscono 121 tra appartamenti, abitazioni indipendenti, immobili; 79 terreni agricoli, edificabili e di altra tipologia (anche con pertinenze immobiliari); 63 locali commerciali o industriali; 48 tra ville, fabbricati su più livelli e di varia tipologia catastale o singole palazzine Sono 127 i soggetti gestori le cui attività che sono direttamente legate a servizi di welfare e politiche sociali per la comunità; 109 si occupano di promozione del sapere, del turismo sostenibile; 44 in attività legate all'agricoltura e ambiente. Inoltre, sono 17 i soggetti gestori che hanno scelto di intitolare la loro esperienza a una vittima innocente delle mafie.

Sono 1132 le realtà sociali che in tutta Italia, ogni giorno, con coraggio e generosità, trasformano luoghi che erano il simbolo del dominio criminale e mafioso sul territorio in luoghi in grado di raccontare una storia altra, un modello diverso di società, di comunità, di economia e di sviluppo. Un numero così alto, nel 1995, non si poteva immaginare. Dietro questo numero - commenta Tatiana Giannone, responsabile nazionale Beni Confiscati di Libera - ci sono volti e storie di associazioni, di cooperative che hanno trasformato quei luoghi di malaffare in luoghi parlanti, dall’inestimabile valore educativo e pedagogico. Un grande impegno plurale che ha rafforzato il tessuto sociale e che tiene unite le relazioni di una comunità, facendo da modello anche sul piano europeo e internazionale". 

"Negli ultimi anni sono stati fatti tanti passi in avanti nella cornice normativa e in quella amministrativa; l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati, fulcro del processo di destinazione di un bene, ha assunto un ruolo cruciale di raccordo tra gli enti nazionali e le amministrazioni locali. Ma la strada è ancora lunga. La nuova modalità di destinazione dei beni confiscati, attraverso la Piattaforma Unica delle Destinazioni, rende l’intera procedura più agevole, ma ci pone davanti a nuove responsabilità: i Comuni prima, e gli Enti del Terzo Settore poi, hanno ora il compito di inserire la gestione di beni confiscati nei loro piani di azione, progettando e chiedendo quanti più spazi possibile. Il riuso sociale è una prassi consolidata, è un’opportunità per i nostri territori e questo nuovo strumento deve poterla rafforzare. Sentiamo forte la necessità di imparare a progettare insieme, pubblico e mondo del sociale, di scambiarci le visioni e di affrontare i desideri dei cittadini come priorità dell’agenda politica; questo era il sogno di Pio La Torre, questo è il sogno che Libera ha trasformato in legge. Per tutti questi motivi, per questa strada che insieme abbiamo costruito ora non possiamo tornare indietro: la privatizzazione, sotto ogni forma, dei beni confiscati alle mafie sarebbe un tradimento alla nostra storia e all’impegno di tutto il movimento antimafia.”

 

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